Ossigeno

A farci caso, la incontri nei luoghi più impensati: nella cultura cinese, dove è associata alla medicina e all’educazione – la locuzione per definire un circolo educativo è altare di albicocche ; nei musei egizi, accanto agli oggetti dei corredi funebri, a riprova della lunga frequentazione col genere umano; come condimento salato nella cucina giapponese, in forma di umeboshi ; come frutto nazionale in Armenia; nel Riccardo II di Shakespeare («Va’ un po’ a legarmi quelle albicocche che pendon laggiù, che, come figli sfrenati, fanno incurvare il padre sotto il peso di tale straripante invadenza», intima il giardiniere all’aiutante nel terzo atto dell’opera); come succo sulle tavole durante il Ramadan col nome di �amar al-Din ; in una tela seicentesca del pittore tedesco Georg Flegel nel Hessisches Landesmuseum Darmstadt. Impossibile evitarla, impossibile non notarla. Altezzosa sin dall’infanzia, a dire il vero. Con quell’aria da prima della classe ammirata da tutti per le sue virtù e per il talento precoce, tanto precoce che i romani la chiamavano Praecox , perché il suo albero di famiglia mette i fiori già a marzo, quando si sentono ancora i morsi dell’inverno e gli altri dormono un sonno profondo. Sempre lodata da tutti per la sua avvenenza, lei, come in Emilia-Romagna dove la chiamano la Bella d’Imola , o in Campania, dove la indicano da lontano ammirati, gridandole Boccuccia liscia e bisbigliando alle sue spalle Boccuccia spinosa . Si vocifera che i suoi antenati vengano dalla Cina e che da lì migrarono nell’Asia centrale spostandosi in Armenia, dove conobbero Alessandro Magno, giungendo a Roma nel 70-60 a.C. per conquistare infine tutto il bacino del Mediterraneo. Ma non siam qui a interrogarci su chi provenga da dove, visto che qualunque cosa si sia posata sulla nostra tavola èstata un tempostraniera in terra altrui . E allora, prendiamone atto: viene da una famiglia estremamente benvoluta, e addirittura tenuta da conto come rara, come nell’Inghilterra del Sedicesimo secolo dove solo re, regine e pochi altri fortunati avevano il privilegio di incontrarla nel proprio giardino, attribuendole l’ulteriore potere di guarire i malati di tumore. Certo, non perde mai occasione di enumerare le proprie virtù in una lunga lista: ricca in vitamina A e C e quindi alleata della salute, meno dell’1% di grassi, solo 48 calorie, 11% di carboidrati, 1% di proteine, 86% di acqua e poi vitamine del gruppo B, tanto calcio, manganese, fosforo e potassio. Sarà davvero tutta specchiata onestà, la sua, o qualcosa, a ben vedere, ha da confessare? Ovviamente sì: dentro di sé, al centro di tutte queste virtù, c’è un seme velenoso, l’armellina, anima dura e scabra che contiene lo 0,9% di amigdalina, sostanza dal retrogusto amarognolo che per idrolisi forma l’acido cianidrico – veleno che, in grandi dosi, risulta tossico per l’essere umano. Nonostante ciò le armelline, in virtù del loro sapore amarognolo, vengono ridotte a essenza per diventare ingredienti in dolci come gli amaretti, nei quali il sapore che li caratterizza è fondamentale. Usarle con parsimonia e tenerne i bambini lontani è quindi essenziale. Sarà per questo che, come ricorda William Turner nel suo Names of herbs del 1548, i greci la chiamavano Malus Armeniaca , dove quel “malus” sta per melo , sì, ma forse anche per cattivo ? D’altronde, in altri tempi, lei ha avuto una reputazione tutt’altro che rispettabile, se era considerata un potente afrodisiaco. Cominciamo col ricordare che, ad esempio, ai tempi di Elisabetta I veniva chiamata con l’equivoco nome di apricock , e che oltre a suggerire facili giochi di parole, veniva servita sulle tavole dell’aristocrazia inglese come inequivocabilestimolante, e finiamo col far presente che gli aborigeni australiani solevano ridurla in polpa e strofinarla sui genitali come profumo nei preparativi che precedevano l’atto sessuale. Ma non è certo finita qui, perché sappiamo che sempre in Inghilterra, nel 1669, lo scrittore John Lacy in The dumb lady suggeriva che il migliore dei matrimoni per una donna fosse quello contratto con un giardiniere, perché Ay, that she might taste of his apricock! Molte le virtù e altrettanti i vizi . Si potrebbe quindi pensare che, tirata una linea e fatti i dovuti calcoli, lei ne sia uscita vittoriosa, ma no, non è così, poiché è vero che ciò che presto matura, altrettanto precocemente deperisce. Il suo fato s’è quindi compiuto solo quando, ormai ben matura, si era quasi rassegnata a non essere mai raccolta. Allora, e solo allora, è stata considerata pronta a dare il meglio di sé da chi voleva solo sfruttarla, perché il destino ha senso dell’umorismo da vendere, e così la poveretta è finita a pezzi, denocciolata, essiccata, sciroppata, conservata in lattine, congelata, ridotta in succo, marmellata, gelatina, composta, spennellata su torte, infilata in paste soffici e burrose, abusata in pasticceria in ogni modo possibile ed immaginabile. Forse un finale drammatico, o forse no. Non è infatti questo, il destino che la Favorita spera per se stessa? 41

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