Ossigeno

46 47 E poi c’è il pavone. Che nei secoli dei secoli, di fronte ai suoi predatori e con buona pace di Darwin, manda al diavolo l’istinto di conservazione per prodursi con fierezza in ciò per cui il mondo intero lo acclama. E fa la ruota. l’eccezione del pavone È il cardiologo di fama mondiale Philipp Bonhoeffer – primo al mondo, nel 2000, a impiantare nel muscolo che pompa la vita una valvola transcatetere, cancellando per l’umanità la necessità di aprire un torace per inserire una valvola cardiaca – a raccontarci la parabola del pavone, con gli occhi lucidi per l’incanto, in un contributo video archiviato nelle teche Rai. Il pavone, che ostinato fa la ruota davanti al pericolo, nonostante essa rappresenti un vistoso impedimento nell’esigenza, per lui vitale, di poter fuggire. Esopo, Fedro, i Grimm e Profeti da latitudini varie insegnano che una parabola non può dirsi tale se non contiene una morale universale. La morale della parabola del pavone, qui validata biologicamente, è quella della potentissima necessità della bellezza . Nessuno seppe dirlo meglio di Dostoevskij, in un passo universalmente conosciuto come «La bellezza salverà il mondo»: «Sappiate che l’umanità può fare a meno degli Inglesi, che può fare a meno della Germania, che niente è più facile per lei che fare a meno dei Russi, che per vivere non ha bisogno né di scienza né di pane, ma che soltanto la bellezza le è indispensabile, perché senza bellezza non ci sarà più niente da fare in questo mondo» Fëdor Dostoevskij, I demoni , 1873 «l’estetica senza etica è cosmetica» E allora affrontiamola, questa benedetta bellezza. Facciamoci i conti, e facciamoci pace, non fosse altro che per riscattarla dalla mortificazione che subisce incessantemente, slabbrata in chiacchiericci da salotti pubblici e privati, perché mortificare un motore vitale come quello della bellezza, vendendolo, svendendolo e saturandolo, assume ormai i caratteri del sacrilego. «Sono belli i prodotti confezionati, i vestiti di marca con i loro loghi stilizzati, i corpi palestrati, ricostruiti e ringiovaniti dalla chirurgia plastica, i visi truccati, le rughe stirate, i piercing e i tatuaggi, gli interni arredati con le creazioni del design, gli equipaggiamenti militari ispirati al cubo-futurismo, le uniformi dallo stile costruttivista o ninja, le pietanze con decorazioni artistiche, o più semplicemente confezionate nei supermercati con buste colorate, come i lecca-lecca. Persino i cadaveri possono essere belli, se accuratamente imballati con fodere di plastica e ben allineati ai piedi delle ambulanze. Se una cosa non è bella, bisogna cercare di renderla tale. La bellezza regna. È diventata un imperativo: o sei bello oppure, almeno, risparmiaci la tua bruttezza» Yves Michaud, L’arte allo stato gassoso. Saggio sul trionfo dell’estetica , 2019 Apparenza che basta a se stessa, fregandosene dell’essenza. Forma depredata di sostanza. Ma la bellezza non può essere tutta qui; e, in effetti, non lo è. A ulteriore dimostrazione del fatto che la ricerca della bellezza è un’esigenza connaturata all’uomo, dotazione di serie e non optional, alle origini del pensiero c’è una prima definizione della bellezza, che è platonica, che nel suo grado più puro si congiunge alla formula greca dell’ideale: kalòs kai agathòs , bello e buono, fine ultimo a cui tendere. Tendere . Tensione, dunque, per raggiungere quella promessa di felicità che è la definizione che Stendhal dà di ‘bellezza’. �uello stesso Stendhal autore di capolavori di formazione come Il Rosso e il Nero (1830) e La Certosa di Parma (1839) che, uscendo da Santa Croce a Firenze, fu talmente travolto dalla bellezza da essere colpito da tachicardia e vertigini, sintomi riconducibili a quella che la psichiatria ha battezzato, in suo onore, Sindrome di Stendhal . Perché il gioco della bellezza è pesante. La perla è la malattia della conchiglia . Ciò che rende arte un’opera è uno sguardo che non si esaurisce nell’oggetto, un’ulteriorità di significato a cui esso rimanda che, in cammino verso la sua ricerca, riempie realmente l’esistenza. La bellezza oscilla dunque tra i due poli di questa opposizione: o resta in superficie, accontentandosi di un piacere immediato che si brucia velocemente nel suo fuoco fatuo, o tenta di ricomporsi nella cornice etica di una bellezza come progetto e conoscenza . Lo disse perfettamente un artista contemporaneo rivoluzionario come la bellezza. la lezione di adriano olivetti fabiola triolo

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