Ossigeno

132 133 Ci sono io di Contrada Cammaratini, c’èquello di Cava Palombieri, ma anche l’altro di Concetto Caschetto, e infine il vecchio di Contrada Favarotto: siamo rimasti in pochi, di carrubi , in piedi da così tanto da ricordare quando in queste terre qui c’erano i Bizantini o gli Angioini. Son tutti sangue del mio sangue, loro, e lo sappiamo tutti quanto la famiglia sia importante, da queste parti; e nelle campagne della Val di Noto, la nostra, quella delle Caesalpiniaceae , la fa da padrone sin da quando arrivammo con le navi dei Greci, che Cristo non era ancora nato. Certo, il nostro era un nome importante già nelle terre oggi chiamate Marocco e Portogallo, ma perché, si chiesero i miei antenati, non dominarne altre di lande, fondare altri feudi, spargere di baroni, baronie e sentinelle tutte le campagne del Mediterraneo? E non si dica mai che noi Ceratonie silique non l’amiamo, questa terra, ché di sangue ne abbiamo versato in sacrificio per tutti qui, e ancora oggi di membra mozzate – a mostrare il legno rosso sangue venato a fasci, come i muscoli dei mammiferi – se ne vedono ovunque, camminando lungo i sentieri che tagliano e ricuciono i confini tra i campi. Vilipesi e mutilati, come fossimo i martiri di qualche imperatore apostata. � uanti ne abbiamo persi, nel secolo scorso, quando ci stavano lentamente dimenticando e preferendo serre di acciaio e vetro, mentre le coltivazioni più remunerative ci retrogradavano i frutti a mangime per il bestiame! Ma di tempi bui ne abbiamo conosciuti tanti in passato, che ormai lo sappiamo bene che prima o poi tutto passa. Pensate che c’era un tempo in cui si credeva che Giuda si fosse impiccato a uno dei nostri rami, penzolante come uno strano frutto: ma era solo una calunnia. Si disse che, per quel motivo e da quel momento, il nostro tronco si sarebbe piegato e contorto, che la nostra fioritura improvvisa che precede la nascita delle foglie sarebbe stata simbolo delle lacrime del Salvatore, e poi ancora che avremmo tinto di quel rosso intenso le nostre inflorescenze per ricordare all’umanità la vergogna provata al contatto con la malvagità dell’apostolo traditore. Leggende, certo, anche se c’è chi – come quella vecchia ceppaia di Contrada Favarotto – di anni, avendone quasi duemila, Giuda l’avrebbe potuto persino incontrare, se quell’anima dannata avesse preso una nave per la Sicilia per andare ad appendersi a un ramo. E dire che di virtù ne abbiamo, e ne abbiamo salvata di gente dall’inedia sicura, sfamate legioni, di cristiani e non, in questi secoli, lì dove il terreno è arido e avaro, ma noi sappiamo adattarci e fruttificare. Il Battista, per citare il più famoso dei nostri estimatori, sopravvisse nel deserto mangiando miele e carrube, e così i nostri frutti erano un tempo chiamati dai più pane di San Giovanni . I frutti nostri son dolci e privi di caffeina e teobromina, con quel sapore che ricorda il cacao, cosa quest’ultima che alcune malelingue chiamano inganno. Eppure siamo gente così schietta e affidabile, noi, ché i nostri semi, per essere tutti della stessa misura e peso, venivano un tempo usati come misura per l’oro ; e ancora oggi, con quel metro, si decide la purezza e il valore di quel metallo nobile, così come del diamante . Dall’arabo طاﺮﯿﻗ , qīrāṭ , a sua volta derivato dal greco κεράτιον , kerátion , cioè carato , o carruba , per essere precisi. E di storie se ne sono dette tante su di noi, nei secoli. I Greci dicevano che la nostra stirpe sarebbe nata da un corno di toro accidentalmente colpito da un fulmine, forse ispirati nel creare questa diceria dai frutti che, così scuri, lunghi e ritorti, proprio corna di qualche bestia selvatica sembrano. E non oso pensare cosa dicesseroquelli lì delle nostre inflorescenze, che si diramano tutte erette dritte e rosse dai rami nodosi. � uanto all’oggi invece, sono tornati a cercarci i figli di quelli che ci avevano lasciato indietro nella corsa alla modernità, perché apprezzano nei nostri frutti quello di cui sono carenti, cioè il glutine o quello che s’è scoperto essere una pietra filosofale della scienza medica: gli acidi grassi essenziali Omega 3, Omega 6 e gli antiossidanti, ma anche fosforo, magnesio e le fibre per regolare le funzionalità intestinali. E oggi che tutti tessono le lodi di una dieta povera di calorie, le duecento per cento grammi che offriamo noi sono merce assai ricercata. � uasi quanto la capacità di dare un veloce e piacevole senso di sazietà a chi vuole dimagrire. E se pensate che i nostri frutti vi siano estranei e ignoti, sappiate che macinati e ridotti a farina stanno di casa un po’ dappertutto nell’industria alimentare, come addensante. Insomma, ci siamo rifatti un nome e una posizione, ed è un bene perché non ce la facciamo, noialtri, a stare con le mani in mano, dobbiamo fare e disfare, produrre e crescere, perché gli anni nostri si conteranno pure a centinaia alla volta, ma lo spirito, quello, è sempre giovane. Io vorrei, dal canto mio, vorrei che un giorno, citando la mia opera preferita Lessico Famigliare , dicessero di me: «Il suo animo non sapeva invecchiare e non conobbe mai la vecchiaia, che è starsene ripiegati in disparte piangendo lo sfacelo del passato», perché è così che son io. carob - Tav. 002 graphite and charcoal on paper, 2020 p. 135 Carlo Pastore for Ossigeno #08 carruba: la misura dell’oro stefano santangelo carob - Tav. 001 graphite and charcoal on paper, 2020 p. 134 Carlo Pastore for Ossigeno #08

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