Ossigeno

120 121 Freewater. La rivoluzione dell'acqua Conversazione con Albert Prewitt Sandro Di Domenico Sabbia, vento e lande desolate. �uesto era il vecchio e selvaggio West. Migliaia di chilometri che cowboy e carovane di avventurieri, con il sogno americano nel taschino, percorrevano con la speranza di trovare fortuna. La dolce costa del Pacifico come ultimo approdo e un’insegna ricorrente sistemata all’ingresso di sparuti saloon a far da miraggio: recitava Free Meal, soave inganno di pace e ristoro sul polveroso cammino. A smascherarlo ci ha pensato cent’anni dopo Milton Friedman, premio Nobel e padre dell’economia moderna, spiegando al mondo il principio del costo-opportunità: attenti viandanti, perché i pasti gratis, molto semplicemente, non esistono. Perché se nel selvaggio West il piatto di fagioli offerto dai saloon si ripagava con le monete d’argento del whisky e del fieno con cui rimettere in forze i cavalli, è dall’alba dei tempi, Adamo ed Eva compresi, che c’è sempre un prezzo nascosto per la mela succulenta o il lauto pasto offerto in dono con charme. Resta un dubbio, però. Se i pasti gratis non esistono, cosa dire dell’acqua? Possiamo fidarci di un’insegna che recita Free Water ai bordi della strada, o in cima a un distributore automatico? È una startup fondata nel 2020 ad Austin, Texas, dove un tempo c’erano soltanto sabbia, vento e lande desolate, a rispondere che è possibile. Si può offrire acqua di fonte gratis, e si può anche confezionare in cartoni riciclabili o bottiglie di alluminio da riutilizzare. Non solo; per ogni bottiglia, FreeWater dona dieci centesimi di dollaro in opere di beneficenza, per provare a risolvere il problema della sete nel mondo. Può sembrare uno scherzo, ma negli Stati Uniti è già realtà. Seppur limitata, per ora, al Nord America. L’idea geniale, che una volta diffusa su scala mondiale potrebbe aiutare a salvare la vita di oltre trentasei milioni di persone che non hanno accesso all’acqua, è venuta a Josh Cliffords, the unconventional entrepreneur come lo hanno ribattezzato i giornali americani, la cui fonte di ispirazione sono stati geni visionari come Nikola Tesla e Elon Musk. Cliffords ha avviato la sua carriera a nove anni, vendendo in strada limonate fresche ottenute spremendo limoni dall’albero del giardino. Ma ben presto il giovane Josh si è reso conto che, offrendola gratis, riusciva a ricavare di più. Riusciva ad attrarre acquirenti per le sue ben più costose figurine di baseball. Un anno dopo, nel 1995, a dieci anni, aveva già convinto i genitori a investire in Microsoft, e neppure trentenne aveva completato il giro delle Americhe e dell’Europa dove nel 2015, a Belgrado, ha fondato Save the refugees, organizzazione non-profit impegnata ad aiutare i migranti in fuga dall’Europa orientale attraverso la rotta dei Balcani. Il suo socio e braccio destro Albert Prewitt riassume così la storia di Cliffords: «Con Save the refugees, Josh è arrivato ad aiutare fino a diecimila persone l’anno, ma ha capito che il sistema non-profit da solo non può durare nel tempo. “Altrimenti la Croce Rossa avrebbe già salvato il mondo”, come ama ripetere. Per questo ha pensato di adottare un nuovo approccio con FreeWater. Voleva fare in modo che donare in beneficenza fosse facile come mangiare una fetta di pizza, o bere un sorso d’acqua. Perché, parliamoci chiaro, c’è una ragione di fondo per cui le non-profit non sempre riescono a raggiungere i propri obiettivi e risiede nel fatto che, quando finiscono le donazioni, sono costrette ad arrestarsi, a smettere di operare. Non possono più farci nulla. Il modello FreeWater è in grado di garantire un flusso continuo di denaro da investire in una non-profit di qualità e con un’alta percentuale di successo: Well Aware, organizzazione senza fini di lucro specializzata, con una percentuale di successo del 100%. Grazie a loro abbiamo finanziato e costruito in Kenya il nostro primo sistema di approvvigionamento idrico, che raccoglie l’acqua piovana, in una scuola elementare». Il trucco c’è, anche se non si vede. Senza bisogno del Nobel, Cliffords l’ha scoperto regalando limonate da bambino. Così, una volta diventato grande, ha prima trasformato il vecchio mantra di Milton Friedman in non esistono bottiglie d’acqua gratis, e infine ha deciso di rivoluzionarlo a fin di bene. «Noi – spiega Prewitt – consideriamo la nostra startup come il futuro del marketing. Molto semplicemente, trasformiamo il packaging del prodotto in uno spazio pubblicitario e utilizziamo i ricavi di questa pubblicità per coprire tutti i costi di produzione. E pensiamo che questo sistema possa essere applicato a tanti beni di consumo disponibili oggi nei centri commerciali. Nelle nostre ambizioni l’acqua è soltanto il primo di tanti prodotti che, un giorno, potrebbero riempire gli scaffali di veri e propri supermercati gratuiti». Immaginate per un momento un mondo in cui, ai cartelli Free Meal e Free Water, si sostituiscano le insegne: Free Supermarket. Ecco, ora state guardando il mondo dalla stessa prospettiva di Cliffords e soci. «Siamo operativi dal 2021, e finora abbiamo prodotto settantamila bottiglie d’acqua gratis. Non appena avremo dimostrato che questo modello ha successo qui ad Austin – continua Prewitt – non sarà difficile diffonderlo non soltanto negli States, ma in tutto il Nord America. Il nostro primo obiettivo è il Canada, dove abbiamo già preso contatti con alcuni produttori in modo da avere tutto quello che ci occorre per avviare la distribuzione». FreeWater, infatti, non è proprietaria delle sorgenti da cui

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