92 93 La terra dell’Abbastanza: suolo e giustizia intergenerazionale. Conversazione con Alberto Pirni Leonardo Merlini Il taxi attraversa la Laguna, diretto all'aeroporto Marco Polo. È una giornata di primavera, calda, senza nuvole. Venezia è alle spalle, le isole sono tutte intorno, sembrano respirare l'acqua e la sua densità salmastra. Il contesto è perfetto, si sente solo il rumore della barca che increspa l'acqua, a volte dei gabbiani. Ogni tanto però si incontrano come degli atolli, delle strisce di terreno che spuntano dove non si aspetterebbero e il tassista mi ricorda dei canali scavati per poter far passare le imbarcazioni, per rendere l'acqua più profonda. Mi rendo conto allora che la Laguna è fatta più dal suolo, quello emerso e quello sommerso, che non dalle sue acque. E mi ricordo, in modo quasi fisico, che questo ecosistema che, attraversato con le modalità opulente del turismo capitalista, appare magico e unico in realtà è profondamente fragile, esposto tanto alla siccità quanto alle maree. La crisi climatica, l'innalzamento dei mari o il loro prosciugarsi in certe zone. Sono tranquillamente seduto in un motoscafo Riva esattamente al centro di una delle tante crisi ambientali che mettono a rischio la nostra vita sul pianeta Terra ed è come se niente fosse. Un tempo chi era fortunato diceva con orgoglio ai figli: «Un giorno tutto questo sarà tuo». Oggi non sembra più possibile. Le ultime generazioni hanno sconvolto il pianeta e stanno lasciando una devastante eredità alle prossime. «Alberto Pirni è professore associato di Filosofia Morale presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Studi Universitari e di Perfezionamento di Pisa, presso la quale insegna Etica Pubblica, Etica delle Relazioni di Cura, Etica ed Economia, Ethics of Security, Intergenerational Justice. È coordinatore dell’Area di Ricerca in Etica Pubblica dell’Istituto di Diritto, Politica e Sviluppo della Scuola Superiore Sant’Anna». �uesta è la biografia sintetica che trovo sul sito dell'università pisana. Alberto Pirni è un esperto, tra le altre cose, di giustizia intergenerazionale, «una questione sorta piuttosto di recente all’interno del più ampio dibattito sulla giustizia distributiva e sulla giustizia sociale» come ha scritto lui stesso, insieme a Fausto Corvino, in un saggio dedicato alla definizione dello spazio teorico di questa disciplina. E allora l'ho cercato, per cercare di capire, per provare a dare delle risposte ai dilemmi personali e globali, per vedere quali spazi ci sono per delle regole che consentano di cambiare le cose (di cambiare il futuro, mi dicevo nella mia testa di lettore di fantascienza). Perché questo suolo su cui viviamo, questa sottile superficie di possibilità umana, possa essere ancora lo spazio adatto per i nostri figli oggi e i loro domani, e via dicendo. Pirni è disponibile, molto preciso. Mi parla, nonostante le difficoltà della connessione Zoom, con chiarezza. E quando gli chiedo una definizione della giustizia intergenerazionale parte da lontano, dal concetto occidentale di giustizia e dal Libro I della Repubblica di Platone. «Dovremmo ricordare che la giustizia per gli antichi, per i moderni, per i contemporanei è sempre stata orientata e pensata come un dispositivo di reciprocità, cioè un qualcosa che è in nuce ed è attivo per restituire qualcosa a qualcuno che lo ha perso o al quale è stato sottratto, cioè per compensare un torto, o per distribuire, cioè per dare ad alcuno o ad alcuni, cioè a individui o a gruppi, un certo numero di beni o magari, in senso moderno, anche di servizi. �uello che ha caratterizzato tutte queste teorie è stata una disposizione alla reciprocità, o alla distribuzione in senso orizzontale. Si distribuiva o si restituiva qualcosa a qualcuno che era presente. La giustizia è pensata con una logica di restituzione e distribuzione orizzontale. Che cosa c'è di nuovo nella giustizia intergenerazionale? Il pensare a questo tipo di distribuzione o di reciprocità in verticale, in un senso diacronico. La giustizia in Occidente, la giustizia degli antichi, dei moderni, dei contemporanei fino al filosofo statunitense John Rawls (morto nel 2002, per avere un'idea dell'arco temporale, NdR) – al quale, peraltro, si deve l'avvio del dibattito sulla giustizia intergenerazionale – è stata una giustizia in orizzontale, un mettersi d'accordo: basti pensare anche alle tradizioni del contrattualismo e a quel mettersi d'accordo tra diversi attori capaci di ragione, o anche tra coloro i quali volevano uscire dalla logica “homo homini lupus”. �uesta è la logica del contrattualismo, stipulare un contratto tra chi è qui e ora. La giustizia intergenerazionale apre un altro capitolo: stipuliamo un contratto tra chi è qui e ora, e anche tra chi non è ancora qui e non è ancora ora, cioè tra chi non è ancora oggi un soggetto operante tra di noi. Come possiamo pensare che le future generazioni, i futuri soggetti, i futuri portatori di interesse possano essere attori giuridici? Parte da questo profilo generale, ma terribilmente esigente e sfidante, l'idea stessa di giustizia intergenerazionale». Scrivere un codice per qualcuno che non c'è. Nemmeno Kafka, che pure sull'idea della Giustizia, con la lettera terribile e maiuscola, ha scritto pagine di letteratura definitiva, neppure lui era arrivato a questo punto. «�uesta è la partita che si sta giocando. E la si sta giocando, ovvero la si deve giocare, sotto più profili. Innanzitutto ci stiamo addentrando in un terreno in cui poco c'è di scritto e molto c'è da scrivere. E questo è il terreno di coltura migliore per la filosofia, per la teoria, per la speculazione».
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