Ossigeno

Le parole creano mondi. Mondi di qualsiasi tipo: possono essere mondi assai poco piacevoli oppure mondi bellissimi, di ampio respiro, di sogni che diventano concrete realtà. ‘Speriamo di farcela’ ‘Le rubo solo un minuto’ ‘Non devo sbagliare’ ‘Ci provo’ ‘È solo una sciocchezza, nulla di che’ – Grazie! – Di niente! �uante volte, durante una giornata, pensiamo o pronunciamo frasi simili? �uante volte lo facciamo nel corso di una settimana? E in un mese? E in un anno? Il numero è incalcolabile. La questione fondamentale è che il tipo di parole e frasi che pronunciamo, nell’interazione che abbiamo con noi stessi o nelle interazioni che abbiamo con altre persone, definiscono in modo molto preciso e prevedibile sia il modo in cui verremo percepiti , sia il modo in cui staremo . Platone diceva che «Il parlare inopportunamente […] infetta le anime¹» e Wittgenstein , il celeberrimo filosofo studioso del linguaggio, affermava, in un senso molto più profondo di quello comunemente inteso, che «Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere²». Le parole hanno un potere , che possiamo definire chimico o magico a seconda del tipo di approccio che vogliamo utilizzare: in ogni caso, possiedono una forza intrinseca capace di condizionare il nostro stato d’animo, il modo in cui vediamo il mondo e, anche, il modo in cui il mondo ci vede. Le parole, dunque, sia quelle che pensiamo sia quelle che pronunciamo, alterano profondamente la nostra percezione del reale , e sono in grado di alterare tale percezione in chi ci ascolta. Le parole che utilizziamo per comunicare con noi stessi sono strettamente correlate al modo in cui viviamo le nostre emozioni, al modo in cui ci muoviamo nel mondo, persino alla nostra salute. Senza scomodare autori internazionali – visto che l’Italia, da questo punto di vista, vanta numerose eccellenze – basti qui ricordare il lavoro del dottor Fabrizio Benedetti , neurofisiologo di fama mondiale e docente alla Oxford University, e del dottor Enzo Soresi , neurochirurgo: il linguaggio del medico e il linguaggio del paziente contribuiscono a determinare in modo evidente e verificabile le condizioni di salute del paziente stesso e l’esito del suo percorso terapeutico ³. con le parole giuste, puoi dire qualsiasi cosa Tornando al nostro linguaggio quotidiano – quello che utilizziamo per descrivere noi stessi al mondo, e quello che utilizziamo per descrivere noi stessi… a noi stessi – è di fondamentale importanza scegliere le parole adatte per plasmare, letteralmente, il nostro cervello e la nostra realtà così come la desideriamo. �uante volte esordiamo, di persona o al telefono, con la classica frase di apertura « Scusa se ti disturbo ». Una semplice frase del genere, pur pronunciata con le migliori intenzioni, contiene ben due parole problematiche e degne di attenzione: scusa e disturbo . - La prima parola, ‘scusa’, ha una implicazione importante: di solito, ci si scusa quando si fa qualcosa di sbagliato. La parola, cioè, implica che tutto quel che la circonda sia “sbagliato”. Ci scusiamo quando arriviamo tardi, quando rovesciamo un bicchiere di acqua addosso al nostro vicino di tavola, quando pestiamo un piede. Certo, nel caso di una telefonata la parola può essere considerata una forma di gentilezza, ma il cervello umano non funziona così: di fronte a due possibili scenari, sceglie per comodità e pigrizia quello statisticamente più rilevante. È semplice economia cognitiva , messa in campo da un organo, il nostro cervello, che è straordinario nel suo complesso, ma che a volte 145

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